Non fa paura la febbre precoce dopo trapianto aploidentico
Gli autori riportano un’elevata incidenza e un decorso favorevole della febbre precoce non infettiva caratterizzata da rilascio di citochine nei trapianti di midollo osseo T repleti in cui la profilassi della GvHD include la ciclofosfamide post-trapianto, soprattutto se il donatore è aploidentico, se sono preceduti da condizionamento mieloablativo, con un’elevata quota di linfociti T e con mismach HLA di classe II.
La sindrome da rilascio di citiochine (CRS) è caratterizzata da febbre non infettiva che insorge da 1 a 6 giorni dopo il trapianto allogenico, infusione di cellule CART-R o trattamento con anticorpi bispecifici, come il blinatumumab (tutte procedure che hanno in comune l’attivazione di linfociti T). Nelle forme gravi la sindrome da rilascio di citochine comporta anche ritenzione idrica ed edema polmonare e si associa a ridotta sopravvivenza. E’ noto che la CRS è frequente con un’incidenza >80% del casi dopo trapianto aploidentico T repleto con cellule staminali periferiche, le forme severe rappresentano poco più del 10% e si associano ad un aumento della mortalità da trapianto (NRM). Poco conosciuta è l’incidenza e l’outcome della CRS dopo trapianto di midollo aploidentico T repleto, per cui gli autori hanno studiato 672 pazienti sottoposti a trapianto di midollo allogenico e che hanno tutti utilizzato la ciclofosfamide post-trapianto nella profilassi della GvHD (PT-Cy). I donatori erano sia familiari HLA-identici, che da registro che aploidentici, mentre il condizionamento era mieloablativo oppure non mieloablativo. Gli autori hanno potuto perciò studiare incidenza ed outcome in 5 gruppi diversi di pazienti : 1) trapianto mieloablativo familiare HLA-identico; 2) trapianto mieloablativo da donatore da registro; 3) trapianto mieloablativo aploidentico; 4) trapianto non mieloablativo aploidentico.
Lo studio ha dimostrato che 4 fattori influenzano in modo significativo ed indipendente l’incidenza della CRS:
- il donatore aploidentico: infatti l’incidenza della CRS è del 10 e del 20% dopo trapianto da donatore familiare HLA-identico e da registro, rispettivamente, mentre è oltre il 50% nel trapianto da donatore aploidentico
- il tipo di condizionamento: dopo trapianto aploidentico e condizionamento mieloablativo l’incidenza di CRS è del 80% mentre è di circa il 40% dopo condizionamento non mieloablativo. Il condizionamemto convenzionale verosimilmente produce un maggiore danno tissutale e libera un maggiore quantità di citochine.
- La quantità di linfociti T reinfusi nel paziente è direttamente proporzionale al rischio di CRS
- Il mismatching del’HLA di classe II si associa ad un maggiore rischio di CRS rispetto al mismatching in classe I, verosimilmente attraverso l’attivazione dei linfociti T CD4 positivi del donotore da parte di antigene parzialmente compatibili esposti sulle cellule accessorie.
Solo nel 10% di casi di febbre che si sviluppa precocemente dopo reinfusione (tra il primo e il sesto giorno post-trapianto) è stata identificata una batteriemia. La CRS dopo trapianto midollare con PT-Cy non ha un effetto deleterio sull’outcome, in quanto non influenza il rischio di graft failure, di GVHD e di sopravvivenza, diversamente da quanto è stato osservato nei trapianti aploidentici con PBSC , in cui si associa ad un aumento significativo della mortalità.
La febbre che si sviluppa precocemente (tra il primo e il sesto giorno post-trapianto) dopo il trapianto aploidentico ha un’elevato possibilità di essere non infettiva e dipendere da rilascio di citochine, soprattutto se sono state reinfuse PBSC ma anche se sono state reinfuse cellule midollari: in questo ultimo caso la CRS è più frequente dopo condizionamento mieloablativi. Pertanto, si potrebbero evitare accertamenti e terapie antibiotiche di secondo livello nella gestione della febbre precoce , nell’ipotesi di CRS. Inoltre il paziente dovrebbe essere informato e rassicurato sul fatto che l’evento non influenzerà il successo del suo trapianto.